"G" di Governance, quando la sostenibilità passa dai processi aziendali
- Alberto Lazizzera
- 20 ago
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 5 giorni fa
Nel dibattito ESG, la governance appare spesso come la “lettera silenziosa”, meno discussa rispetto a clima e impatto sociale. In realtà è l’elemento che abilita tutto il resto. Senza regole chiare, processi decisionali coerenti e responsabilità definite, gli obiettivi ambientali e sociali rischiano di restare dichiarazioni di principio.
Se ambiente e sociale definiscono il cosa, la governance definisce il come. È ciò che decide se un piano di decarbonizzazione diventa azione, se una politica di inclusione genera risultati, se gli stakeholder percepiscono l’azienda come credibile.
Le nuove normative come la CSRD hanno reso evidente questa centralità, imponendo ai CdA un ruolo diretto nella supervisione ESG. Ma l’evoluzione non si esaurisce con un comitato o con un Chief Sustainability Officer. La sfida vera è più ambiziosa: portare la sostenibilità nei processi decisionali quotidiani di ogni funzione aziendale.
Processi decisionali integrati: la sostenibilità in ogni funzione
La governance efficace non aggiunge “un altro livello” di adempimenti, ma cambia il modo in cui si prendono decisioni. Ogni funzione, con i propri strumenti e responsabilità, deve applicare una lente ESG alle scelte quotidiane.
Acquisti: dal prezzo alla tracciabilità. Non si tratta più solo di negoziare condizioni economiche, ma di valutare l’impatto complessivo della filiera. La Corporate Sustainability Due Diligence Directive impone un cambio radicale: selezionare fornitori significa anche verificare pratiche ambientali e rispetto dei diritti umani, con impatti diretti sulla reputazione e sulla continuità operativa.
Ricerca & Sviluppo: l’eco-progettazione non è un’opzione, ma una condizione d’ingresso. La governance può prevedere che ogni nuovo progetto superi una valutazione di sostenibilità: percentuale di materiali riciclati, durabilità, contributo agli SDG. Così la sostenibilità diventa criterio di innovazione, non un controllo ex-post.
Produzione e Operazioni: integrare obiettivi ambientali nei piani operativi vuol dire trasformare i target in routine industriali. Carbon neutrality, riduzione degli scarti, ottimizzazione dei consumi idrici: tutto questo richiede sistemi certificati e indicatori monitorati in tempo reale. La governance è l’elemento che vincola questi obiettivi a performance e investimenti.
Finanza: qui la sostenibilità diventa numerica. Valutare rating ESG dei partner riduce i rischi normativi e reputazionali. La governance impone quindi criteri di investimento che integrano rischi ambientali e opportunità di lungo periodo.
Risorse Umane: collegare incentivi e bonus a KPI ESG, significa orientare il comportamento dei manager. Non è comunicazione valoriale, ma leva concreta che cambia la cultura organizzativa e rende la sostenibilità un criterio di carriera.
Legale e Compliance: anticipare le norme diventa essenziale. Aggiornare processi e modelli, predisporre sistemi di due diligence su catene di fornitura e monitorare nuove direttive europee sono decisioni che rafforzano la solidità aziendale e prevengono rischi sanzionatori.
L’elemento distintivo non è la presenza di policy, ma il fatto che ogni scelta strategica e operativa venga valutata anche per i suoi impatti ESG.
Scopri come integriamo la sostenibilità in aizienda con Be-boost
Cultura e Trasparenza: il fattore umano della governance
La governance non vive solo di organigrammi e regole. Ha bisogno di cultura, competenze e coerenza. Il tone from the top è decisivo: se board e leadership trattano la sostenibilità come driver di business, l’intera organizzazione seguirà.
Formazione, programmi di sviluppo ESG e figure interne che agiscono da sustainability leader trasformano principi in prassi quotidiana.
Parallelamente, la trasparenza diventa fondamento: KPI verificabili, rendicontazioni allineate a GRI ed ESRS, sistemi di consultazioni strutturate con gli stakeholder. Fiducia, accountability e dialogo costante non sono accessori, ma parte integrante di una governance credibile.
La governance come acceleratore invisibile
La “G” di ESG non è una variabile accessoria, ma il motore che rende esecutivi gli impegni ambientali e sociali. Una governance solida:
integra la sostenibilità nei processi di ogni funzione,
responsabilizza manager e dipendenti con KPI e incentivi chiari,
costruisce fiducia verso stakeholder e mercati.
Le aziende che investono oggi in governance ESG non solo riducono i rischi di greenwashing, ma consolidano resilienza e competitività.
In un contesto dove la sostenibilità è criterio di selezione per investitori, clienti e talenti, la governance diventa il vero fattore abilitante della crescita futura.
? FAQ – "G" di Governance
1. Che cosa significa integrare la governance ESG nei processi aziendali?
Integrare la governance ESG significa far sì che i criteri ambientali, sociali e di governance diventino parte delle decisioni quotidiane di tutte le funzioni aziendali, dagli acquisti alla finanza. Non è un’attività parallela, ma un sistema che assicura coerenza tra strategia, processi e comportamenti organizzativi.
2. Qual è il ruolo del CdA nella governance ESG?
Il Consiglio di Amministrazione ha la responsabilità ultima di supervisione ESG: definisce priorità, approva politiche, controlla rischi e allinea la sostenibilità agli obiettivi di lungo periodo. La CSRD e i nuovi codici di corporate governance hanno reso questo ruolo ancora più diretto e vincolante.
3. Come evitare che la governance ESG resti solo formale?
Serve un approccio che combini regole e cultura. Questo significa: tone from the top coerente, formazione diffusa, reporting trasparente e coinvolgimento attivo degli stakeholder. Solo così la governance passa da documento formale a leva concreta di trasformazione aziendale.