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Open Innovation: modelli e governance per innovare in modo sistemico e sostenibile

  • Alberto Lazizzera
  • 18 ago
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 8 set


In un contesto dove tecnologie emergenti e aspettative ESG evolvono più velocemente delle capacità interne, affidarsi esclusivamente a risorse proprie non è più sostenibile. L’Open Innovation nasce proprio per affrontare questa sfida: integrare attivamente competenze, soluzioni e idee sviluppate all’esterno, da università, startup, fornitori, centri di ricerca e perfino utenti finali, in un flusso continuo e strategico.

Non si tratta di semplice outsourcing, ma della costruzione di un ecosistema connesso in cui l’azienda si posiziona come hub attivo di co-innovazione.

Il risultato: accelerazione del time-to-market, contenimento dei costi, accesso a conoscenze specialistiche, rafforzamento della reputazione innovativa e un miglior posizionamento verso stakeholder e normative ESG.


Perché l’Open Innovation oggi è una leva strategica

La complessità tecnologica crescente rende impossibile per una singola azienda detenere tutte le competenze necessarie. In contesti come l’intelligenza artificiale, la sostenibilità o le trasformazioni digitali le idee più avanzate nascono spesso in startup, centri di ricerca universitari o comunità di utenti. Aderire a un approccio aperto permette di recare vantaggio competitivo attraverso l’accesso a un ampio serbatoio di conoscenza esterna.


Le pressioni della competizione globale richiedono cicli di sviluppo più brevi e flessibili. Collaborare con partner esterni velocizza l’immissione sul mercato di nuovi prodotti e servizi.


Un esempio significativo è IBM, che in eventi come Innovation Jam ha raccolto migliaia di contributi in pochi giorni tradotti poi in progetti reali, superando il tradizionale ciclo interno. Open Innovation non è un’opzione ma una necessità per chi vuole restare competitivo.


Scopri come portare questo modello in azienda



Modelli strategici: outside-in, inside-out, coupled


L’Open Innovation può assumere forme diverse, adattabili agli obiettivi e alla maturità organizzativa:


  • Outside-in: accesso a idee, tecnologie o soluzioni esterne tramite partnership, acquisizioni, hackathon, call for ideas o programmi di co-sviluppo.

  • Inside-out: valorizzazione di innovazioni interne non core (es. brevetti, prototipi, tecnologie) tramite spin-off, licenze o collaborazioni.

  • Coupled: modello ibrido in cui l’azienda co-progetta soluzioni con partner esterni, condividendo rischi, investimenti e proprietà dei risultati.


Un caso emblematico è quello di Connect & Develop, il programma di Open Innovation di Procter & Gamble, da cui proviene oltre il 35% di tutte le innovazioni interne. Il segreto non è solo il volume, ma la sistematizzazione dell’intero processo.


Benefici tangibili per business e sostenibilità


Implementare Open Innovation in modo strutturato genera impatti misurabili su più fronti:


  • Maggiore velocità ed efficienza operativa: acquisire tecnologie mature esterne o utilizzare crowdsourcing (raccolta di idee su larga scala) accorcia i tempi di innovazione.

  • Condivisione di costi e rischi: partenariati riducono l’esposizione economica individuale, facilitando progetti più ambiziosi.

  • Accesso a competenze specialistiche estese: coinvolgere ricercatori universitari, startup o community creative introduce soluzioni radicali.

  • Reputazione e attrattività: le aziende aperte vengono percepite come dinamiche e collaborative, stimolando ulteriori collaborazioni.


Nel contesto ESG, questo approccio è ancora più potente: abilita la risposta rapida a regolamentazioni, incentivi pubblici e pressioni da investitori e clienti.


Come implementare l’Open Innovation: cultura, processi e infrastrutture


Cambiamento culturale e leadership

Occorre superare la mentalità del “not invented here” e promuovere apertura e curiosità. Il management deve comunicare che ogni buona idea merita attenzione a prescindere dall’origine. Obiettivi chiari come la quota di innovazione derivante da progetti esterni devono essere integrati nel piano strategico e comunicati internamente.


Strutture operative e team dedicati

Molte aziende creano uffici Open Innovation o ruoli specifici come il Chief Innovation Officer per gestire scouting tecnologico, partnership e co‑sviluppo. Piattaforme online per la raccolta di idee, programmi di programmi di accelerazione aziendale, partnership con università e incubatori sono strumenti efficaci. Hackathon misti interno‑esterno e premi pubblici per team che valorizzano idee esterne, rafforzano una cultura aziendale orientata alla collaborazione.


Formazione e coinvolgimento interno

È fondamentale mostrare ai dipendenti che l’apertura non rappresenta una minaccia ma un’opportunità di apprendimento. Includere personale interno nei progetti con partner esterni genera scambio di conoscenza e riduce la diffidenza. Hackathon, progetti pilota misti e riconoscimenti pubblici rafforzano la partecipazione interna.


Snellire processi e policy

L’azienda deve diventare agile: semplificare procedure di procurement, predefinire accordi di riservatezza e proprietà intellettuale, modulare contratti standard per startup. In questo modo è possibile aprire velocemente relazioni esterne senza compromettere controllo e sicurezza.


Un asset strategico per la competitività


L’Open Innovation non è un’opzione sperimentale, ma una infrastruttura strategica per aziende che vogliono innovare in modo sistemico, competitivo e sostenibile. Soprattutto in ambiti ESG, integrare attivamente idee esterne nei processi interni consente di anticipare i cambiamenti, creare soluzioni ad alto impatto e costruire un posizionamento solido verso stakeholder, mercato e istituzioni.


Aprirsi non significa rinunciare al controllo, ma progettare una rete di collaborazione governata, trasparente e orientata ai risultati. È così che l’innovazione diventa un motore continuo, mettendo le basi per una crescita sostenibile alimentata da idee continue e collaborazione con il meglio dell’ecosistema esterno.




? FAQ – Open Innovation & sostenibilità


1. Qual è la differenza tra Open Innovation e outsourcing?

L’Open Innovation prevede collaborazione attiva, co-progettazione e condivisione di valore. L’outsourcing è mera esternalizzazione operativa.

2. Quali sono gli attori esterni più rilevanti in un ecosistema di innovazione?

Startup, università, centri di ricerca, incubatori, fornitori strategici e stakeholder territoriali.

3. Quanto budget serve?

Dipende dal modello: una partnership può partire da poche migliaia di euro con ROI molto più rapido rispetto allo sviluppo interno.

4. Quali strumenti digitali sono utili per gestire questi progetti?

Piattaforme collaborative come Operia, possono semplificare la raccolta dati piuttosto che la gestione di più partner in un unico posto.


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