Costruire un team ESG interno all’azienda: modello a doppio cerchio
- Alberto Lazizzera
- 4 dic
- Tempo di lettura: 6 min
Chi è davvero responsabile della sostenibilità nella tua azienda?
Se la risposta è “il Sustainability Manager”, stai vedendo solo metà del quadro. Se pensi “un po’ tutti”, sei più vicino alla realtà, ma manca ancora un elemento decisivo: la regia.
Una strategia di sostenibilità solida non nasce né da un singolo “eroe interno” né da un generico “è responsabilità di tutti”. Ha bisogno di due elementi che lavorano insieme:
un nucleo ESG con mandato chiaro, competenze e visione trasversale;
una rete di persone che portano quell’impostazione dentro processi, numeri e decisioni quotidiane.
In molte aziende ciò che chiamiamo “sostenibilità” esiste già: scelte su fornitori, politiche verso le persone, modalità operative che riducono sprechi e attriti. Il problema è che spesso queste azioni non vengono riconosciute come parte di una strategia, non hanno un luogo di coordinamento e nessuno ha il compito esplicito di “unire i puntini”.
Il modello a doppio cerchio nasce proprio per questo: dare una regia alla sostenibilità, per renderla sistemica, senza creare l’ennesimo reparto separato dal business.
Da chi parte davvero la sostenibilità in azienda?
Immagina due cerchi concentrici.
Nel cerchio interno c’è il nucleo ESG: poche persone con il compito di leggere l’azienda in chiave ESG, definire direzioni, tenere insieme processi, dati e priorità. Non è un ufficio di comunicazione né un gruppo che “scrive il report una volta all’anno”, ma una cabina di regia che:
mappa i processi per capire dove la sostenibilità è già presente e dove mancano pezzi;
aiuta la direzione a scegliere poche priorità ESG chiare, in coerenza con il piano industriale;
costruisce un sistema di dati e indicatori: quali informazioni servono davvero, chi le raccoglie, con quale frequenza;
coordina i progetti trasversali (processi core, politiche verso le persone, filiera) assicurando owner, perimetro e collegamento con gli obiettivi ESG;
garantisce trasparenza e coerenza tra ciò che l’azienda fa e ciò che comunica, tenendo insieme normative, reportistica e narrativa interna.
Nel cerchio esterno ci sono gli alleati operativi: referenti ESG nei diversi reparti (HR, produzione, acquisti, commerciale, finanza…), che dedicano una parte del loro tempo a integrare la sostenibilità nel proprio ambito, portando bisogni, dati e vincoli operativi verso il centro e riportando nel quotidiano le scelte fatte a livello strategico.
Sopra questi due livelli, il vertice aziendale (CdA o Direzione Generale) agisce da sponsor: non “gestisce l’ESG”, ma lo riconosce come parte della strategia e ne garantisce continuità nel tempo. Il messaggio che arriva all’organizzazione è chiaro: la sostenibilità ha un punto di riferimento preciso, ma non è affare di pochi chiusi in un ufficio.
Questo assetto evita due rischi opposti:
ESG di nessuno: nessuno ha mandato esplicito, quindi il tema si perde tra le priorità operative;
ESG di pochi: un team isolato che produce documenti, ma non entra mai nei processi.
In pratica, al nucleo ESG si chiede una cosa precisa: rendere leggibili e governabili le scelte aziendali in chiave ESG, non “fare progetti isolati”.
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Tre passi pratici per costruire il modello a doppio cerchio
Il modello non richiede necessariamente una grande struttura: si può partire in modo leggero e farlo crescere nel tempo, lavorando con le persone che già ci sono.
Primo passo – creare il nucleo centrale (anche informale)
Si parte identificando una figura di coordinamento con visione trasversale e accesso alla direzione (direttore generale, responsabile qualità, HR manager, CFO…). A questa figura va dato un mandato esplicito: raccogliere ciò che l’azienda fa già, leggere i processi con lenti ESG, proporre una prima bozza di percorso. Attorno a lei si possono coinvolgere 1–2 persone chiave di aree diverse, con incontri periodici e pochi obiettivi concreti per ciclo. Anche se informale, questo nucleo inizia a creare un quadro comune e dà continuità a un lavoro che altrimenti resterebbe frammentato.
Secondo passo – coinvolgere il middle management e integrare l’ESG nel piano industriale
Una volta attivata la cabina di regia, il passo successivo è coinvolgere i responsabili di funzione, perché sono loro a mandare avanti i processi ogni giorno. L’obiettivo è duplice: far capire che l’ESG non è “tema dell’ufficio sostenibilità”, ma criterio che entra nei piani di produzione, HR, acquisti, commerciale; e fare in modo che il piano ESG nasca già incollato al piano industriale, non come documento parallelo. Questo si traduce in poche azioni chiare: momenti di confronto o formazione mirata per i quadri su cosa significa ESG per questa azienda e quali sono 3–4 priorità concrete; integrazione di 1–2 obiettivi ESG in ogni piano di funzione; uso di strumenti semplici per leggere i processi in chiave impatti/ESG; momenti periodici in cui, nelle riunioni di direzione, il coordinatore ESG verifica la coerenza tra scelte di investimento/organizzazione e priorità ESG definite.
Terzo passo – attivare una rete di ESG Ambassador
Quando nucleo centrale e middle management sono allineati, ha senso aprire il cerchio esterno. Invece di puntare solo su campagne di sensibilizzazione, si costruisce una rete di ESG Ambassador: persone di reparti diversi che portano idee dal basso, aiutano a spiegare iniziative e cambiamenti, fanno da esempio positivo nei comportamenti. Per individuarli si possono usare sondaggi interni, call for ideas o momenti di ascolto; è importante che abbiano tempo dedicato, strumenti di base e uno spazio di confronto con nucleo ESG e manager. Così il cerchio esterno non diventa un “club di entusiasti”, ma una leva concreta che collega day-by-day e direzione strategica.
Come cambia il lavoro quotidiano con un team ESG a doppio cerchio
Il valore del modello si vede quando entra nelle pratiche quotidiane.
Nelle riunioni di direzione, l’ESG non compare in coda “se avanza tempo”, ma come parte delle decisioni su investimenti, prodotti, organizzazione. Il nucleo ESG porta letture sintetiche e dati leggibili su persone, fornitori, rischi operativi collegati ai temi in discussione, non solo slide isolate.
Nel lavoro dei responsabili di funzione, ognuno sa quali obiettivi ESG ricadono nel proprio perimetro, con quali indicatori e in quali tempi. Le scelte di processo – come organizzare un turno, impostare un contratto, gestire una criticità con un fornitore – sono lette anche alla luce delle priorità ESG condivise, non solo dei vincoli di breve periodo.
Nel ruolo degli ESG Ambassador, la sostenibilità non è percepita come “campagna interna”, ma come qualcosa che può migliorare il lavoro: ridurre frizioni, chiarire regole, dare senso a scelte organizzative. Il feedback dal basso ha canali, tempi e interlocutori chiari.
Nella gestione dei dati, le informazioni collegate alla sostenibilità non sono disperse in file e mail. Chi raccoglie i dati sa perché lo fa, come verranno usati e da chi. Questo migliora qualità, continuità e affidabilità delle informazioni e rende più semplice collegare reporting, decisioni e risultati.
In sintesi, il modello a doppio cerchio rende visibile una cosa spesso implicita: come l’ESG entra nelle decisioni e nei processi, non solo nei documenti.
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Dal “tema ESG” a una domanda guida
Un’azienda che adotta il modello a doppio cerchio smette di vivere la sostenibilità come un “tema da presidiare” e inizia a usarla come chiave di lettura delle decisioni. Ogni volta che si apre un progetto, un investimento, una scelta organizzativa, le domande diventano:
chi, nel nucleo ESG, ha il compito di leggere questa decisione in chiave di sostenibilità e governance?
chi, nei reparti, ha il compito di portarla dentro processi, dati e comportamenti concreti?
Se la risposta a entrambe queste domande è chiara, il modello a doppio cerchio è vivo. Se manca uno dei due pezzi, l’ESG rischia di tornare a essere o un’etichetta da applicare a valle, o un insieme di buone intenzioni senza un vero centro di gravità.
Il doppio cerchio non è un vezzo organizzativo: è una scelta di design sulla governance interna. Ti permette di fare una cosa precisa: trasformare la sostenibilità da progetto accessorio a modo ordinario di prendere decisioni e gestire processi.
? FAQ – Disegnare processi che potenziano il business
1. Chi è davvero responsabile della sostenibilità in azienda?
La responsabilità è condivisa, ma non diffusa nel vuoto. Serve un nucleo centrale ESG con mandato esplicito e una rete di referenti che integrano l’ESG nei processi. Senza regia, la sostenibilità diventa “di tutti e di nessuno”.
2. Perché molti progetti ESG falliscono o restano superficiali?
Perché mancano due condizioni fondamentali:
una governance chiara, che definisca ruoli, task e scadenze;
l’integrazione nei processi e negli obiettivi aziendali.
Senza questi elementi, l’ESG resta una lista di azioni scollegate dal business.
3. Quante persone servono davvero per creare un nucleo ESG efficace?
1–3 persone possono bastare nella fase iniziale, purché abbiano mandato, accesso ai vertici e visione trasversale. Almeno nelle fase iniziali, la chiave è avere una forte rete di referenti nei reparti, non un elevato numero di persone full-time.
4. Come si scelgono gli ESG Ambassador senza creare un “club di volontari”?
Vanno selezionati in base a tre criteri: ruolo nei processi, motivazione autentica e capacità di influenzare il comportamento dei colleghi. Devono avere tempo dedicato, obiettivi chiari e un dialogo strutturato con il nucleo ESG.
5. Come posso integrare l’ESG nel piano industriale senza creare un documento parallelo?
Inserendo 1–2 obiettivi ESG per funzione, collegati a KPI già presenti. Poi, usando le riunioni di direzione per verificare la coerenza tra scelte operative e priorità ESG. In questo modo il piano ESG non è un add-on, ma una lettura del piano industriale.
6. Da dove parte un’azienda che non ha ancora nulla di strutturato sul tema ESG?
Dal mappare ciò che già esiste. In ogni azienda ci sono politiche, comportamenti e pratiche operative già sostenibili. La prima missione del nucleo ESG è riconnettere questi pezzi e dare loro una coerenza. Solo dopo si aggiunge ciò che manca.



